Gestire la crisi con lo sviluppo delle competenze non tecniche sul lavoro: una proposta programmatica e un caso di studio

La crisi economica in corso ha interessato la maggior parte dei settori produttivi in Italia, sia nel pubblico, sia nel privato. Gli effetti più evidenti, per i lavoratori, sono stati la contrazione delle risorse disponibili, da un lato, e la richiesta di aumentare qualità e produttività, dall’altro. Tali richieste sono state vissute come contraddittorie e hanno spesso generato senso di impotenza, frustrazione, cinismo e disfattismo (Seligman, e Maier, 1967). Di fronte a questo diffuso malessere psicologico nei luoghi di lavoro, la dirigenza ha spesso adottato un’impostazione ancora più autoritaria e rigida, sollecitando i lavoratori all’ottimizzazione delle competenze tecniche. I risultati sono spesso deludenti e si assiste a un crescente ritiro motivazionale, un impoverimento emotivo e relazionale, compromettendo ulteriormente la qualità del lavoro e la produttività, in un circolo vizioso senza uscita. Questo intervento vuole mostrare come lo sviluppo delle cosiddette “competenze non tecniche” (Flinn et al. 2008) sia la strategia più efficace per avviare un’inversione di tendenza. Tali competenze (non specifiche dell’attività professionale) fanno appello a variabili di tipo piscologico quali: capacità di gestione dello stress, comunicazione, lavoro di gruppo, leadership, decisione e soluzione di problemi condivisa, visione prospettica sulla situazione. Si presenterà un caso di studio, un progetto di ricerca/azione presso un dipartimento ospedaliero, dove la crisi economica ha provocato accorpamenti di strutture, fusione di gruppi di lavoro, metodi, culture (Modafferi et al., 2014). Per la gestione di sintomi come burnout, stress, cinismo, è stata realizzata una formazione ispirata allo sviluppo delle tre condizioni rogersiane (Gordon, 2005). I partecipanti hanno compilato prima della formazione e dopo 6 mesi una batteria di questionari indaganti coping, resilienza, intelligenza emotiva, burnout, personalità, benessere e stress. È stato calcolato il Reliability Change Index (RCI) in ogni partecipante per ogni variabile ed è stata condotta un’analisi dei cluster per individuare dei profili prototipici di cambiamento, al netto della mancanza di differenze iniziali sulle variabili nei partecipanti. I risultati documentano un generale effetto positivo di tale intervento su due terzi del campione, dove si evidenzia un cambiamento positivo nelle misure di resilienza individuale, di strategie attive di soluzione dei problemi e nelle misure di burnout, in particolare un aumento del senso di realizzazione personale nel proprio lavoro. I risultati evidenziano come la resilienza del sistema richieda la tutela della resilienza di gruppi e lavoratori, favorita dallo sviluppo di competenze non tecniche che aiutino le persone a dare un senso al loro lavoro, a sentirsi membri di un gruppo, a stimolare una motivazione intrinseca per superare ostacoli e gestire fatiche (Magrin, 2008).